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EREDITA' E SUCCESSIONI

Quando una persona viene a mancare si pone il problema di quale sia il destino del suo intero patrimonio, cioè dei suoi beni e dei suoi debiti. Una questione che viene affrontata dal nostro ordinamento con la disciplina delle successioni.

Ma nella realtà la materia delle successioni non è percepita solo come un modo per ridistribuire un patrimonio. Questa si carica di valori affettivi e spesso finisce per essere materia di scontro e di “resa dei conti” tra le persone vicine a chi è venuto a mancare. Per questo la materia delle eredità è spesso causa di accese dispute all’interno delle famiglie.

Al riguardo può essere utile fornire alcuni punti di riferimento in questa materia estremamente complessa e poco conosciuta.

Il passaggio di patrimonio dal de cuius (la persona venuta a mancare) ai successori avviene principalmente per due vie: per testamento o, quando questo manchi o non riguardi tutti i beni, per successione legittima (cioè “per legge”).

Il testamento

Il testamento è l’atto con il quale un soggetto dispone dei propri beni per il momento successivo alla propria morte. Vi sono diverse forme di testamento: l’olografo (scritto a mano dal testatore), il pubblico (fatto dal notaio) ed il segreto (scritto a mano dal testatore e ricevuto in busta chiusa dal notaio), oltre ad alcune forme con elementi di internazionalità.

All’interno del testamento dobbiamo distinguere tra eredità e legato. L’eredità corrisponde ad una quota di patrimonio e quindi comprende i beni e i diritti ma anche i debiti.

Il legato invece è l’attribuzione di un bene determinato fatta a favore di chi non è erede o comunque oltre l’eredità. Il legato può rappresentare soltanto una utilità e se è gravato da qualche peso questo non può superare il valore del bene.

Per chiarire meglio il concetto se il testatore scrive “lascio a ciascuno dei miei due figli la metà del mio patrimonio” abbiamo una quota ereditaria. Se invece scrive “lascio a mio nipote la casa al mare” abbiamo un legato. In concreto distinguere tra le due figure può non essere facile e spetta all’avvocato l’opera di interpretazione.

Chi scrive un testamento, nel nostro sistema giuridico, non è pienamente libero di disporre dei propri beni ma incontra alcuni limiti. Il nostro legislatore infatti ha inteso tutelare i rapporti familiari prevedendo che una certa quota di beni del defunto (detto de cuius) debbano comunque andare ai suoi familiari stretti (figli, coniuge, genitori o ascendenti diretti) detti legittimari, anche contro la volontà del testatore. Nello scrivere il proprio testamento quindi una persona deve rispettare le quote di patrimonio che la legge riserva a ciascuno dei legittimari. Se il testatore non rispetta queste quote i parenti esclusi (o che hanno ricevuto meno del dovuto) avranno dieci anni di tempo per impugnare il testamento.

Il testatore dunque sarà libero di lasciare a chi vuole lui solo la quota residua del proprio patrimonio, detta appunto “disponibile”.

    

Il coniuge superstite inoltre ha diritto ad abitare nella casa coniugale e ad usare i beni che vi sono dentro per tutta la propria vita.

Il patrimonio su cui devono essere calcolate le quote spettanti a ciascun legittimario è l’insieme dei beni e dei crediti del defunto, sottratti i debiti. A questo si deve anche aggiungere tutto quello che il defunto ha donato durante la propria vita ai legittimari o a terzi.

Questa è una delle principali cause di controversie. Capita frequentemente infatti che una persona, magari in tarda età, doni (anche attraverso vendite simulate) i propri beni a persone esterne alla famiglia quali amanti, nuove/i compagne/i, amici, enti assistenziali, sacrificando così i diritti dei familiari. Queste donazioni, se eccedono la quota della disponibile, possono essere annullate, riconducendo i beni nel patrimonio ereditario.

Può fare testamento chiunque abbia raggiunto la maggiore età, non sia interdetto e non sia incapace di intendere o volere. se non sono rispettate queste condizioni il testamento può essere impugnato da chiunque vi abbia interesse.

Altresì può essere impugnato per errore, violenza o dolo.

Successione legittima

Se il defunto non ha lasciato nessun testamento, o con esso non ha disposto di tutti i suoi beni, è la legge a stabilire a chi andranno i suoi beni e chi dovrà rispondere dei suoi debiti (o della parte di cui lui non ha risposto).

In particolare succedono al defunto i figli, il coniuge, i genitori, i fratelli e le sorelle, gli ascendenti, i parenti fino al sesto grado ed in fine, se non vi è nessuna di queste categorie, allo Stato.

Nel caso di concorso nella successione la divisione del patrimonio ereditario avviene secondo le seguenti quote:

1 Figlio + coniuge: 1/2 1/2

Più figli + coniuge: 2/3 1/3

I figli concorrono solo con il coniuge. In presenza di figli quindi solo il coniuge del defunto ottiene qualcosa mentre tutti gli altri sono esclusi.

Coniuge + genitori: 2/3 1/3

Coniuge + ascendenti o fratelli e sorelle: 2/3 1/3

Genitori + ascendenti o fratelli e sorelle: di divide in parti uguali ma i genitori (singolarmente o in coppia) non possono avere meno della metà.

Gli altri parenti (fino al sesto grado) ereditano solo in mancanza di questi soggetti. Se poi non si cono nemmeno i parenti eredita lo stato (con beneficio di inventario.

Due questioni particolari riguardano i figli naturali (nati fuori dal matrimonio) ed il coniuge separato.

I figli naturali hanno praticamente gli stessi diritti di quelli legittimi con un’eccezione: se il defunto ha sia figli legittimi che figli naturali i figli legittimi possono decidere di soddisfare in denaro i diritti dei naturali anziché attribuire loro i beni immobili del de cuius. Se i naturali si oppongono a questo è il giudice a decidere. La ragione è quella di impedire che un figlio avuto fuori dal matrimonio e mai vissuto con il padre (il problema si applica principalmente a questa fattispecie anche se non esclusivamente) possa ereditare la casa familiare estromettendo i fratelli germani (figli legittimi del genitore) che lì sono sempre cresciuti.

Aspetti comuni: chi può diventare successore

Può succedere al de cuius chiunque, al momento dell’apertura della successione, sia nato o concepito. Inoltre possono ricevere per testamento anche i figli (non ancora concepiti) di una persona nata al momento dell’apertura della successione.

Non può invece ereditare succedere chi è stato condannato per omicidio o tentato omicidio ai danni del de cuius, del suo coniuge o di un suo ascendente o discendente, purchè non ricorra una causa di non punibilità. Chi ha caluniato una di queste persone o chi ha cercato di far fare, far revocare o far mutare il testamento del de cuius o chi ha cercato di falsificare il testamento.

L’accettazione.

L’eredità non si acquista automaticamente alla morte del de cuius o alla pubblicazione del testamento. È invece necessaria l’accettazione da parte di chi è chiamato all’eredità. La ragione è semplice: l’erede non si limita ad acquistare i diritti del de cuius ma anche i suoi debiti. E di questi debiti risponderà non solo con il patrimonio acquisito ma anche con il proprio patrimonio, in ragione di quella che viene definita confusione dei patrimoni. Pertanto, se il de cuius lascia più debiti che beni, chi accetta l’eredità potrebbe trovarsi a rimetterci. Per questo motivo l’eredità si acquista solo se viene accettata.

L’accettazione può essere espressa o tacita, cioè compiuta mediante atti che siano espressione della volontà di accettare (vendere i beni, riscuotere i soldi depositati sul conto corrente ecc.).

Il diritto ad accettare l’eredità si prescrive in dieci anni.

Se il chiamato all’eredità è un minorenne o una persona interdetta l’accettazione spetta al genitore o al tutore. In entrambi i casi è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare e l’accettazione deve comunque avvenire con beneficio di inventario.

Il chiamato all’eredità può anche rinunciare all’eredità prima dei dieci anni in modo da chiarire da subito le sue intenzioni e regolare i rapporti con i creditori.

Non è necessario invece accettare il legato. Questo infatti rappresenta sempre un’utilità e, se gravato da oneri, questi oneri non possono superare il suo valore. Resta comunque ferma la possibilità di rinunciare al legato.

L’accettazione con beneficio di inventario

Chi è chiamato all’eredità può evitare che i debiti ereditari ricadano nel suo patrimonio attraverso l’accettazione con beneficio di inventario. In questo caso il chiamato dichiara espressamente al notaio o al cancelliere del Tribunale di accettare solo con tale beneficio. Questo impedisce la così detta confusione dei patrimoni. All’erede sarà attribuito un termine entro cui fare l’inventario di tutti i beni ricevuti in eredità. In questo modo è possibile tener distinto il patrimonio proprio da quello ricevuto in eredità. I creditori del de cuius si soddisferanno solo sul patrimonio ereditato e per primi rispetto ai creditori dell’erede.

Anche i creditori (dell’erede o del de cuius) possono richiedere che l’accettazione avvenga con beneficio di inventario, in modo da non veder pregiudicati i propri interessi a seguito della confusione dei patrimoni.

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Samuele Marchetti
Avvocato

Mi occupo prevalentemente di due ambiti: il diritto della famiglia ed il diritto della privacy. Laureato nel 2002 presso l'Università di Pisa con una tesi in diritto della famiglia e la votazione di 110 e lode, l'anno successivo ho iniziato l'attività di cultore della materia presso la cattedra di diritto della famiglia e delle successioni.

Ho ottenuto il perfezionamento (dottorato di ricerca) presso la Scuola Superiore Sant'Anna con il voto di 100/100.

Nel 2018 ho frequentato il corso per DPO presso la Scuola Superiore Sant'Anna.

Sono iscritto all'albo degli Avvocati di Pisa. 

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